lunedì 26 aprile 2010

Il professionista dell'understatement

E' bravo, sa di esserlo, ma non lo ostenta. Ha scelto la linea dell'understatement. Invita molto spesso ospiti somiglianti a lui, facenti parte dell'esercito dei buonisti. Arrivano, sempre gli stessi, a ruota ogni anno, per ogni nuova edizione di "Che tempo che fa". Basta che ci sia un libro, un film o un evento da pubblicizzare. Non si capisce bene chi fa un favore a chi. Alcuni ospiti infatti decidono di passare solo da lui. E lui incassa onorato. Si fa umile umile, tanto da non sembrar vero. Che non può essere così ingenuo uno arrivato tanto lontano, disseminando nella sua carriera anche guizzi di originalità. Ma è garbato e signore, disarmante. Le domande sono educate. Finché dal cilindro tira fuori qualche aneddoto riesumato da chissà quale informatore vicinissimo all'intervistato. "Ma è vero che, quando eri piccolo...". Ecco la trappola tesa dal bambino che è nell'intervistatore al bambino che è nell'intervistato: impossibile non sciogliersi di fronte a quel ricordo quasi dimenticato ma così caro e così intimo, pur nelle sue più semplici sembianze. A questo punto per il padrone di casa sarebbe facile sferzare il colpo decisivo e carpire qualcosa in più del personaggio famoso rispetto a quanto già si sapesse. Ma spesso quella antica cortesia che fa da sfondo a tutta la chiacchierata non lo permette. E ci si saluta. Amici come prima.

Nessun commento:

Posta un commento